“Un costo politico troppo elevato”. La riforma del catasto non si farà.
Sfuma, almeno per il momento, il riordino del catasto. La causa di questo rinvio sarebbe da ricercare secondo il viceministro in un “costo politico troppo elevato”
La riforma del catasto non si farà. Lo ha annunciato il viceministro dell’Economia e delle Finanze Enrico Morando, in occasione di un convegno a Napoli, organizzato dall’Acen, l’associazione dei costruttori edili partenopei, e dalla sezione campana dell’Anti, l’associazione dei tributaristi.
”Una riforma del sistema catastale” ha spiegato il viceministro Morando, come viene riportato dal quotidiano Il Mattino “Avrebbe un costo politico troppo elevato. Il Parlamento ci ha dato una delega per la riforma, ma questa è scaduta senza essere esercitata. Perciò” continua Morando “mi sento di escludere che possa farcela ad approvare la riforma. Toccherà ad un governo di nuovo insediamento riscrivere la legge e farla approvare nei primi mesi in parlamento”.
Sfuma, dunque, almeno per il momento, il riordino del catasto. La causa di questo rinvio sarebbe da ricercare secondo il viceministro in un “costo politico troppo elevato”.
“Per il governo” ha affermato Morando nel corso del convegno partenopeo sulla riforma del catasto del 20 ottobre scorso “nonostante il Def dello scorso 8 aprile, che conteneva proprio la riforma del catasto. E, con la mancata riforma, resta inalterata anche l’anomalia delle abitazioni di più recente edificazione in alcune periferie di grandi città con valori catastali più alti di altre case in zone di pregio, ma di meno recente costruzione.”
Paure condivise anche da Acen, cosi come espressamente dichiarato dal presidente dei costruttori napoletani Francesco Tuccillo. “ Sono stati così confermati i nostri timori sugli effetti distorsivi di un incontrollato aumento dei valori catastali, che non poteva che tradursi in un’impennata della tassazione sugli immobili.
“L’ipotesi di riordino auspicata da noi” ha poi concluso Tuccillo “è quella di una Tassa unica sugli immobili, che semplifichi il macchinoso quadro normativo che, soprattutto nel corso degli ultimi anni, ha determinato forte incertezza applicativa e, soprattutto, un maggior costo fiscale dell’investimento immobiliare. In particolare, la riforma dovrebbe basarsi sull’introduzione di un’imposta unica patrimoniale (IMU o TASI), stabile quanto meno per tre anni ed integralmente destinata ai Comuni per il finanziamento dei servizi (“service tax”), con l’ovvia esclusione dei beni prodotti dalle imprese edili (aree e fabbricati costruiti, o ristrutturati, per la successiva vendita).”