Addio bonus prima casa, se ceduta con separazione consensuale
Se i coniugi, a seguito di separazione consensuale concordano la cessione dell’abitazione acquistata con agevolazione prima casa da meno di 5 anni, il beneficio salta
Se i coniugi, a seguito di separazione consensuale stipulata davanti all’ufficiale di stato civile, concordano la cessione a terzi dell’abitazione acquistata con agevolazione “prima casa” da meno di 5 anni, il beneficio fiscale decade in quanto la separazione consensuale “non può contenere patti di trasferimento patrimoniale”.
È questo l’orientamento espresso dall’Agenzia delle Entrate nella Risposta n. 80 del 27 febbraio 2020.
Nel caso di specie, l’istante riferisce di aver acquistato nel 2014, insieme alla moglie, un’abitazione beneficiando del bonus “prima casa”, e nel 2018 di essersi separato consensualmente dal coniuge con accordo di separazione concluso davanti al sindaco. Successivamente ha venduto la casa coniugale senza acquistarne una nuova entro un anno. Si è rivolto, dunque, all’Agenzia delle Entrate chiedendo se la vendita dell’immobile, concordata con il coniuge in assenza di omologazione del giudice, comporti la decadenza dal regime agevolato.
Dal suo canto, il soggetto istante ritiene di poter fruire del beneficio. A sostegno della propria tesi richiama l’articolo 19 della legge n. 74/1987 e la risoluzione n. 80/2019 con la quale l’Agenzia esclude, anche alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 7966/2019, la decadenza dalle agevolazioni prima casa nell’ipotesi di cessione a terzi dell’immobile agevolato, ma per la “sola casistica di patti di divisione dei beni, con trasferimento a terzi, siglati alla presenza di un giudice”. Ciò posto, il contribuente osserva che con una circolare del Ministero dell’Interno (n. 19/2014), è stato affermato che anche l’accordo concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile “produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio”.
La soluzione interpretativa prospettata dal contribuente non è, tuttavia, condivisa dall’Agenzia delle Entrate, secondo la quale il tipo di separazione cui hanno fatto ricorso i coniugi (articolo 12 del d.l. n. 132/2014), “non può contenere patti di trasferimento patrimoniali”.
Allo stesso modo, secondo il parere dell’Amministrazione finanziaria, la disposizione agevolativa prevista dall’articolo 19 della legge n. 74/1987, ossia l’esenzione da “imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa” per tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi al procedimento di separazione coniugale, di scioglimento del matrimonio e di cessazione degli effetti civili del matrimonio, non può trovare applicazione nel caso di specie. Ciò in quanto la suddetta normativa è finalizzata a favorire gli accordi “che i coniugi pongono in essere nell’intento di regolare sotto il controllo del giudice i loro rapporti patrimoniali conseguenti alla separazione o divorzio”. Nel caso in esame, infatti, non è prevista la presenza di un giudice nell’accordo di separazione.
L’Agenzia precisa, infine, che non possono richiamarsi le puntualizzazioni contenute nella Risoluzione n. 80/2019[3] (secondo cui la vendita infra-quinquiennale di un immobile oggetto di agevolazione “prima casa”, in esecuzione di un accordo di separazione omologato dal giudice, non comporta la decadenza dal relativo beneficio), in quanto il documento di prassi si riferisce alla diversa ipotesi di separazione realizzata mediante l’istituto della negoziazione assistita, di cui all’articolo 6, del d.l. n. 132/2014.
Pertanto, l’accordo di separazione stipulato davanti al sindaco, senza ricorrere al giudice, non può contenere patti di trasferimento patrimoniale e non consente di conservare l’agevolazione “prima casa”.