Le piccole e medie imprese sono più affidabili delle grandi imprese
Sebbene le sofferenze bancarie siano ancora in aumento e superino i 180 miliardi di euro, le piccole e medie imprese si dimostrano più affidabili delle grandi imprese.
Le piccole e medie imprese sono più affidabili delle grandi imprese. “Tra il giugno di quest’anno e lo stesso mese del 2014” osserva il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo ”le classi di grandezza delle sofferenze fino a 75.000 euro hanno registrato una contrazione, mentre quelle da 75.000 e 125.000 sono aumentate appena dello 0,5 per cento.
Niente a che vedere con quanto è successo in quelle più elevate. Nella fascia tra i 500.000 e il milione di euro la variazione è stata dell’11,4 per cento, per quella successiva, tra 1 e 2,5 milioni, l’aumento è stato del 14,5 per cento e per le classi ancor più elevate l’incremento ha superato il 18 per cento” afferma una nota stampa della CGIA “Se teniamo conto che il livello delle insolvenze è proporzionale alla dimensione dei prestiti ricevuti, possiamo affermare con un elevato grado di precisione che le famiglie e le piccole imprese continuano a essere più solvibili delle grandi imprese”.
L’ulteriore conferma di questo risultato denunciato dall’Ufficio studi della CGIA emerge dall’analisi dei dati nel medio termine: tra il giugno 2011 e lo stesso mese di quest’anno. Se fino ai 125.000 euro di sofferenze la variazione è aumentata progressivamente fino al 35,7 per cento, per le classi successive l’espansione è stata molto più pronunciata. Sopra il milione di euro, ad esempio, l’incremento è più che raddoppiato e la punta massima è stata toccata nella fascia tra i 5 e i 25 milioni di euro: + 147,4 per cento.
Sul fronte dei prestiti bancari per comparto di clientela invece, spicca il dato negativo riferito alle imprese. Sia le micro (famiglie produttrici con meno di 5 addetti) sia le altre (società non finanziarie con più di 5 addetti) nell’ultimo anno hanno segnato una contrazione, rispettivamente dello 0,7 per cento e del 2,5 per cento.
Anche le istituzioni senza fini di lucro (enti no profit) hanno osservato una riduzione del 4,4 per cento. Di segno opposto, invece, lo score registrato dalle famiglie consumatrici (+2,6 per cento), dalle Amministrazioni pubbliche (+ 2 per cento) e dalle società finanziarie (+5,6 per cento). Anche tra settembre 2011 e settembre 2015 le variazioni percentuali non hanno cambiato segno: -8,6 per cento per le famiglie produttrici, -11,6 per cento per le società non finanziarie, -6,6 per cento per le istituzioni senza fini di lucro. Mentre per le famiglie consumatrici (+0,6 per cento), per le Amministrazioni pubbliche (+4,2 per cento) e per le società finanziarie (+14,5 per cento) i risultanti sono stati positivi.