Il nuovo catasto nelle riflessioni dell’istituto di Studi Economici Nomisma
Istituto di Studi Economici Nomisma: “rivedere lo schema impositivo è il presupposto della riforma del nuovo catasto”
La riforma del nuovo catasto procede troppo lentamente, senza avviare speditamente la riparametrazione delle rendite catastali. Sono eloquenti i dati diffusi dall’Agenzia delle Entrate dove emerge una flessione del 12,6% registrata nel 2014, riguardante il gettito Tasi-Imu relativo all’abitazione principale, attestandosi a 3,5 miliardi di euro, a fronte dei circa 4 miliardi di euro del 2012.
Queste informazioni consentono di quantificare lo stimolo per il mercato che scaturirebbe dalle ipotesi di azzeramento dell’imposizione sulla prima casa, recentemente avanzate dal Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi riguardo il nuovo catasto.
“A ben guardare” secondo l’Istituto di Studi Economici Nomisma “si tratterebbe di un incentivo piuttosto modesto, quantificabile in circa lo 0,11% sul primo anno e comunque inferiore all’1%, considerando i valori attualizzati su un orizzonte decennale. Con riferimento allo sgravio che una simile riforma garantirebbe al 76,6% di famiglie che vive in una casa di proprietà, il dato numerico risulta modesto e pari a 17 euro mese, vale a dire poco più di un quinto del bonus di 80 euro, introdotto a partire da maggio 2014 per i lavoratori dipendenti e gli assimilati che guadagnano fino a 26mila euro.
A beneficiarne non sarebbero soltanto le famiglie a basso reddito, poiché la sperequazione delle basi imponibili su cui vengono calcolate le imposte sulla casa, acuite dagli effetti regressivi dell’abolizione delle detrazioni, finirebbe per agevolare anche quei nuclei con disponibilità economica tutt’altro che modesta e con una propensione alla spesa rispetto alle variazioni del reddito più contenuta, se paragonata con quelle delle famiglie meno abbienti.
“Il complesso sistema fiscale che grava sui proprietari di immobili in Italia, più volte riformato nel corso degli ultimi anni, si compone” si legge nel documento realizzato dal Centro Studi “di una componente di imposizione diretta gravante sul reddito derivante dagli immobili nonché sul patrimonio stesso; di una componente indiretta che colpisce i trasferimenti di proprietà e i contratti traslativi”
C’è una importante distinzione tra l’abitazione principale e le altre abitazioni, cosiddette ‘seconde case’. L’abitazione principale è esente da imposte sul reddito ed inoltre gode di importanti agevolazioni fiscali, tra le quali la detrazione degli interessi sui mutui connessi ad acquisto, costruzione o ristrutturazione dell’immobile. Il trattamento fiscale dell’abitazione di residenza invece, dal punto di vista della componente prettamente patrimoniale, si è modificato in più occasioni negli anni più recenti:
-
una prima volta con l’esenzione dall’Imposta Comunale sugli Immobili
-
una seconda volta con l’assoggettamento all’IMU,
-
una terza volta con una sua esenzione parziale
-
una quarta volta con l’applicazione della neonata Tasi.
Gli immobili non adibiti ad abitazione principale sono tassati con l’aliquota marginale ai fini dell’imposta sul reddito da locazioni, sono soggetti all’Imu che ha sostituito l’Ici, l’Irpef e le addizionali relative ai redditi fondiari associati agli immobili non affittati.