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Urbanistica

Appalti pubblici, servizi, forniture: in Italia è illegalità diffusa

Indagine dell’Anac sulla corretta applicazione delle regole riguardanti l’individuazione dell’importo stimato degli appalti pubblici in relazione alle soglie comunitarie.

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Nel corso degli anni l’Anac ha avuto modo di riscontrare, soprattutto con riferimento agli appalti pubblici di servizi e forniture, una sistematica disapplicazione da parte delle stazioni appaltanti del dettato normativo di cui all’ art. 29 comma 10 lett. a) e b) del Codice dei contratti pubblici, e ciò sia in relazione alla corretta individuazione dell’importo stimato dell’appalto, sia al conseguente legittimo ricorso ad affidamenti in economia ai sensi dell’art. 125 dello stesso codice.

L’art. 29, comma 10 d.lgs. 163/2006, reca specifiche previsioni per il calcolo del valore di appalti pubblici di servizi e forniture che presentano carattere di regolarità o sono destinati ad essere rinnovati entro un determinato periodo.

In queste ipotesi, il valore dei singoli appalti pubblici deve essere stimato considerando:

a) il valore reale complessivo dei contratti analoghi successivamente conclusi nel corso dei dodici mesi precedenti, rettificato al fine di tener conto degli eventuali cambiamenti in termini di quantità o di valore che potrebbero sopravvenire nei dodici mesi successivi al contratto iniziale

b) il valore stimato complessivo dei contratti successivi conclusi nel corso dei dodici mesi successivi alla prima consegna o nel corso dell’esercizio se questo è superiore a dodici mesi.

L’art. 125 dello stesso Codice prevede, inoltre, al comma 13, che nessuna prestazione di beni, servizi possa essere artificiosamente frazionata allo scopo di sottoporla alla disciplina delle acquisizioni in economia.

L’individuazione degli appalti pubblici è stata effettuata tramite CPV (Common Procurement Vocabulary) che, a livello comunitario, individua la prestazione oggetto del contratto, scegliendo il massimo livello di dettaglio della medesima ed optando, pertanto, per una soluzione in linea con la previsione normativa di cui al comma 10, lettera a) dell’art. 29, che fa riferimento a contratti “analoghi”  recando, quindi, una nozione  ampia di oggetto contrattuale.

L’indagine ha portato, in conclusione, all’individuazione di un numero complessivo di n. 90 Comuni (su un totale di 116 attualmente presenti sul territorio nazionale) interessati da anomali fenomeni di ripetizione contrattuale relativi agli appalti pubblici, ed indici di potenziale violazione del richiamato comma 10 dell’art. 29 del Codice. 

Sulla base di un’ulteriore estrapolazione, è, altresì, emerso che n. 10 Comuni (esclusi quelli già interessati da indagini dell’Autorità attualmente in corso) hanno proceduto ad affidamenti diretti o in economia, con identica CPV di dettaglio, reiterati nel corso del medesimo anno o di più anni consecutivi, per importi complessivi superiori al milione di euro, ossia pari ad oltre 5 volte la soglia consentita per legge.

 

 

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