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Quote rosa ai vertici delle aziende, a che punto siamo?

L’equilibrio di genere sta facendo passi da gigante, ma restano alcuni problemi. Se ne è parlato con Claudia Alessandrelli ad un convegno a Padova lo scorso 6 febbraio

Quote rosa ai vertici delle aziende: la situazione italiana
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Nel nostro Paese l’equilibrio di genere nelle società quotate e in quelle pubbliche sta facendo passi da gigante, al punto da diventare una best practice a livello europeo. Ma dietro il fenomeno quantitativo, i posti di comando, di responsabilità e di rappresentanza delle società restano agli uomini. Se ne è parlato con Claudia Alessandrelli, delegata pari opportunità di Confprofessioni, al convegno “Governance tra obblighi di legge e best practice Ieri – Oggi – Domani” organizzato a Sarmeola di Lubrano (PA), lo scorso 6 febbraio, dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Padova in collaborazione con il Comitato Pari opportunità e la Fondazione Bellisario Delegazione del Veneto.

Il Convegno, suddiviso in due tavole rotonde, precedute dalla presentazione della Ricerca dell’ODCEC di Padova sulla realtà della Provincia di Padova: “I board delle Partecipate Pubbliche e delle Società di Capitali: situazione attuale, comparazione con precedente ricerca, confronto con le realtà delle Province di Vicenza, Verona, Udine”, ha rappresentato una stimolante occasione per fare il punto sullo stato dell’arte della presenza di genere nei board delle società quotate e delle società controllate da Enti Pubblici e per proporre spunti futuri, in vista della scadenza del vincolo normativo posto dalla legge Golfo-Mosca.

Nel corso del suo intervento il notaio Claudia Alessandrelli, segretario della Giunta nazionale di Confprofessioni e delegata della Commissione Pari opportunità, ha evidenziato che, secondo una ricerca effettuata dalla Cerved e secondo i dati Consob, alla fine del 2017 le donne presenti nei boards delle quotate erano 751, circa il 33,5%, su un totale di 2.244 componenti (tale percentuale al 2011 era pari a circa il 7,4%) e che la presenza femminile risultava in percentuale più alta nei collegi sindacali (489 donne su 1.215 sindaci). Nel medesimo periodo le donne hanno rappresentato più di un quarto dei componenti degli organi di amministrazione delle società pubbliche, facendo registrare da aprile 2014 (prima acquisizione di dati CERVED) un incremento di quasi dieci punti percentuali, da 17,5 a circa 27.

«Questi numeri e queste percentuali dimostrano come sicuramente sotto il profilo quantitativo la Legge Golfo Mosca abbia avuto un effetto positivo di accelerazione del lentissimo processo in atto, aumentando la presenza femminile negli organi di governo e di controllo delle società quotate e controllate/miste pubbliche e, contemporaneamente, riducendo la composizione mono – genere» commenta Alessandrelli. «La Consob e il Dipartimento Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che hanno compiti di monitoraggio e vigilanza sull’attuazione della legge, hanno segnalato incrementi talmente significativi da sorpassare la media europea e proporre la performance italiana come modello di riferimento, come aveva fatto la commissaria Viviane Reding all’epoca della analoga presentazione della direttiva europea».

Tuttavia, nonostante i lusinghieri progressi, «Lo scettro del comando dell’impresa è ancora nelle mani degli uomini» ha ricordato Alessandrelli, snocciolando i dati Consob che indicano come solo 18 donne ricoprano la carica di amministratore delegato e appena 23 siedano alla presidenza dei Cda. «Non basta, dunque, aumentare la quantità di donne presenti negli organi delle società quotate e delle società pubbliche, ma occorre pure che il genere meno rappresentato sia coinvolto in ruoli esecutivi, di responsabilità o di rappresentanza della società, diversi da quelli defilati o ininfluenti».

A tal fine, secondo Alessandrelli, “occorre maturare la consapevolezza che la scelta concreta deve premiare anche la qualità; da qui un’esigenza di rendere virtuoso il meccanismo innescato dalla legge Golfo Mosca, dando importanza alla selezione delle candidate femminili secondo criteri meritocratici, di verifica, di raffronto e di valorizzazione delle competenze ed esperienze, non fino al punto di garantire la vittoria della migliore, ma di scremare il gruppo delle migliori a monte di una selezione che a valle resta libera”.

A tale proposito come buona pratica di selezione della governance Alessandrelli ha fatto riferimento alla Banca dati delle professioniste in rete per le Pubbliche Amministrazioni, denominata ProRete PA, messa a punto dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a seguito di apposito studio dell’Università di Udine, strumento che agevola l’incontro tra la domanda e l’offerta delle professionalità necessarie per ricoprire le posizioni di vertice delle società controllate da Pubbliche Amministrazioni.

In ultimo Alessandrelli si è soffermata su alcune proposte concrete ed azioni per il futuro per fare in modo che le quote di genere, per legge temporanee, diano risultati permanenti ed anche al di là dell’ambito di applicazione della legge Golfo Mosca, sino a giungere all’obiettivo finale per il quale “più donne e quelle giuste al vertice potrebbe voler dire più spazio al merito non solo per donne ma anche per uomini, quindi una migliore selezione dell’intera classe dirigente e della leadership del Paese”.

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